Qualche tempo fa, sul sito del giornale inglese “The Guardian” è stato pubblicato un articolo molto interessante nel quale veniva spiegato il perché non è una buona idea cancellare dalle amicizie di Facebook gli amici che pubblicano post razzisti o inneggianti alla violenza. L’autore del pezzo, prendendo spunto dai fatti di cronaca accaduti a Baltimora e Ferguson, che hanno visto la popolazione di colore protestare furiosamente contro la polizia, colpevole di numerosi atti di razzismo, ha cercato di spiegare in termini molto semplici i motivi per cui, i razzisti su Facebook non debbano essere evitati.
Di certo, la frase più emblematica dell’intero articolo è quella in cui si legge che le persone che postano commenti inneggianti all’odio razziale non devono essere cancellate dalla cerchia di amici, in quanto esse hanno bisogno di noi e ancor più noi stessi abbiamo bisogno di loro. Ora la cosa può sembrare paradossale, ma le argomentazioni presentate dal giornalista a supporto della sua teoria sono sociologicamente ineccepibili. Secondo lui, questi soggetti rappresentano l’unica cosa che ci tiene in contatto con quella dura realtà che esiste al di fuori dei social media.
In pratica, se noi decidessimo di cancellare, dai nostri social, gli amici dal commento razzista facile non faremmo altro che creare intorno a noi un finto locus amoenus, che rappresenterebbe in modo completamente distorto la realtà che ci circonda nella vita offline. Ma proviamo ad allargare il discorso ad ambiti un po’ più leggeri. Pensate alle infinite discussioni politiche, calcistiche e “gossippare” che animano i nostri account social. Ecco, se dovessimo cancellare tutte le persone che la pensano in modo diverso da noi, probabilmente i wall di molti risulterebbero più deserti del Sahara e più silenziosi della Camera Anecoica degli Orfield Labs di Minneapolis che, per chi non lo sapesse, è stato riconosciuto come il luogo più silenzioso della Terra.
Dunque le opzioni che abbiamo nel momento in cui ci troviamo di fronte a persone un po’ troppo attaccabrighe, il cui modo di pensare ci urta sistematicamente i nervi, sono sostanzialmente di due tipi. La prima, la più facile e comoda, è quella che ci porta a sbarazzarci del problema estirpandolo alla radice. Del resto se Facebook e i vari social hanno pensato di inserire le opzioni “rimuovi dagli amici”, “smetti di seguire” e compagnia bella, ci sarà un motivo. Magari ciò che li ha spinti verso questa scelta è stata propria la necessità di evitare che potessero crearsi situazioni spiacevoli all’interno della community degli utenti. L’altra possibilità è quella di sopportare stoicamente, evitando lo scontro oppure dando vita a veri e propri dibattiti sulla falsariga di quelli che si vedono nei peggiori salotti televisivi.
Quale sia la migliore soluzione è difficile da dire. Probabilmente come in ogni ambito della vita, sia essa reale sia essa social, la cosa migliore è seguire quello che ci suggerisce il buon senso. Se da un lato può risultare fastidioso leggere commenti poco carini, che risultano spesso indelicati, pesanti o addirittura odiosi, dall’altro essere circondati da amici troppo accondiscendenti rischia di rendere la nostra permanenza online una noia mortale. Un minimo di dibattito, di scambio e di interazione, al di là dei soliti cuoricini e gattini “coccolosi”, talvolta ci consente di dare un po’ di brio a giornate grigie e piatte. E in questo siamo aiutati anche dal nostro essere italiani, esperti di tutto, sempre e comunque. Quindi, a ben vedere, il giornalista di “The Guardian” forse non ha tutti i torti. Tenersi stretto qualche “amico” dalla polemica facile, che la pensa in modo diametralmente opposto a noi su alcuni argomenti, magari non politically “scorrect”, potrebbe risultare una buona scelta. Poi, se proprio vi dovesse venire l’orticaria leggendo i commenti di questi simpaticoni digitali, niente paura, Facebook ha pensato anche a questo. Basterà aprire il menù a tendina del pulsante “segui già” presente sull’immagine di copertina, scegliere l’opzione “non seguire più” e come per magia da quella profilo non sentirete più volare una mosca, proprio come se foste nella Camera Anecoica degli Orfield Labs di Minneapolis.