Era il 1826 o giù di lì quando Joseph Nicéphore Niépce scattò quella che è considerata la più antica fotografia giunta fino ai giorni nostri: Point de vue du Gras (Vista dalla finestra a le Gras). Se vivesse in quest’era di selfie scattate col bastoncino, di foto fatte in bagno davanti allo specchio e di Snapchat, dove le immagini durano il tempo di una sbirciata veloce, il povero Niépce avrebbe probabilmente un esaurimento nervoso. Oggigiorno, al momento di scattare una foto, non ci si concentra più sulla qualità dell’immagine, quanto piuttosto sulla velocità di condivisione della stessa attraverso i nostri account social, in modo da raggiungere nel più breve tempo possibile tutti i nostri amici, i nostri contatti o, nel caso, i nostri clienti.
Condividere una foto vuol dire, di fatto, rendere partecipi gli altri di un’emozione, di un frammento della nostra storia, di un attimo del nostro tempo che immortaliamo in un’immagine. E la moda del photo sharing, ormai dilagante in tutte le fasce d’età, è stata cavalcata da applicazioni come Pinterest e Instagram, che, sfruttando le migliori caratteristiche dei social network, consentono agli utenti di diffondere in tempo reale foto e video perlopiù realizzati attraverso uno smartphone.
Questo a scapito della qualità dell’immagine che, nonostante l’elevato livello tecnologico raggiunto dalle fotocamere dei moderni cellulari, non riesce ancora a eguagliare completamente quella delle macchine fotografiche digitali più blasonate, che garantiscono risultati eccellenti in ogni condizione. Dunque, se è vero ciò che dice Daniel Pennac, ovvero che si fotografa per non dimenticare o addirittura per non smettere di guardare qualcosa che ci ha toccato, colpito o emozionato, viene da chiedersi per quale motivo dovremmo trascurare la qualità dei nostri stessi ricordi. Cosa fare dunque? Sacrificare la qualità dei nostri scatti sull’altare della praticità garantita da uno smartphone oppure preferire risoluzione e messa a fuoco, rinunciando all’immediata condivisione delle nostre fotografie? Oggi, grazie alle moderne tecnologie, possiamo evitare questo aut aut ottenendo foto quasi professionali, che possono essere messe online con la stessa rapidità con cui le abbiamo scattate.
Gli instagramer più esperti, ma anche coloro che decidono di immortalare con un scatto un semplice ricordo delle vacanze, stanno puntando sulla qualità dell’immagine assicurata dalle migliori macchine fotografiche digitali, che poco hanno da invidiare agli strumenti utilizzati dai grandi fotografi. Il tutto senza mai perdere di vista la necessità di condividere quell’istante rubato o quello scatto importante con un semplice clic. Ciò è possibile grazie al costante sviluppo tecnologico del settore fotografico che, lungi dal voler cedere il passo agli smartphone, investe molto in ricerca e sviluppo. Ed ecco che le più grandi case produttrici hanno sviluppato strumenti, principalmente mobile application, che permettono ai loro prodotti di dialogare con i nostri smartphone. Il risultato è quello di poter realizzare foto di qualità superiore, che sono immediatamente scaricabili sui nostri dispositivi mobile e di conseguenza condivisibili online.
Proprio per parlare della cultura dell’immagine di qualità, Canon, leader mondiale del settore, ha invitato alcuni giornalisti a sperimentare loro stessi la straordinaria forma di linguaggio rappresentata dalla fotografia, portandoli alla scoperta di uno dei luoghi simbolo della nuova Milano: il quartiere Citylife nella zona che ospitò la vecchia Fiera cittadina. Fra i cantieri della nuova area direzionale, si staglia la sagoma della Torre Allianz realizzata dall’architetto giapponese Arata Isozaki che, con i suoi 207 metri, è divenuto l’edificio più alto del capoluogo meneghino. Nel corso dell’evento, i giornalisti hanno potuto ammirare dall’alto del palazzo lo skyline di Milano, trasformandosi per l’occasione loro stessi in fotografi, accompagnati in questo viaggio dall’ fiorentina Laura Masi.
Dunque, al giorno d’oggi, fotografia e social media sono due temi più che mai legati fra loro, da un lato per necessità di condividere ciò che ci accade, ciò che vediamo e ciò che ci colpisce, dall’altro per il bisogno di accompagnare i nostri pensieri e le nostre emozioni con immagini belle e soddisfacenti dal punto di vista qualitativo. Questo perché entrambi non sono nient’altro che due declinazioni differenti della comunicazione e della necessità stessa di comunicare le quali, queste ultime, stanno prendendo sempre di più la via dell’immagine in quanto linguaggio universale, immediato e accessibile. Del resto, come si suol dire, un’immagine vale più di mille parole.